Capita spesso che il conto corrente sia cointestato a più persone. Si pensi, a titolo esemplificativo, al genitore anziano che abbia problemi di salute e che decida così di cointestare ad uno dei figli, magari quello che lo assiste regolarmente, il contratto di conto corrente bancario; si pensi, ancora, al caso frequentissimo di due coniugi, ciascuno cointestatario del conto corrente.
Preliminarmente va rilevato che il conto corrente è quel contratto con cui le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto (art. 1823 c.c.).
Il conto corrente cointestato è quel particolare tipo di conto corrente unico, ma intestato a due persone le quali possono eseguire ciascuna (autonomamente o col consenso dell’altro, a seconda che il conto sia, rispettivamente a firma disgiunta o congiunta) pagamenti con la carta bancomat o la carta di credito, bonifici o giroconti. La differenza rispetto ad un conto normale è che sul contratto vi sono due firme e che il conto è di proprietà di due persone. A ben vedere, il legislatore all’art. 1854 c.c. stabilisce che, se il conto è intestato a più persone con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.
Sebbene il conto corrente bancario possa essere intestato a più contitolari presumendosi che il danaro appartenga ai medesimi in parti uguali, non sempre la titolarità delle somme depositate si divide in tal guisa. La soprindicata presunzione determina infatti soltanto un’inversione dell’onere probatorio a carico di chi intenda dimostrare una situazione difforme da quella derivante dalla cointestazione del conto corrente (Cass., n. 28839/2008; Cass., n. 4496/2010).
Come detto, la fattispecie del conto corrente cointestato è così diffusa nella prassi che potremmo, addirittura, definirla come “socialmente tipica”. La cointestazione di un conto corrente permette, infatti, a tutti gli intestatari di movimentare il conto e risulta essere quindi uno strumento bancario utile alle coppie o alle famiglie in generale. Avendo a disposizione un conto corrente bancario cointestato, il nucleo familiare può avere a sua disposizione i servizi bancari in un unico conto con il vantaggio di pagare alla banca le spese di un solo conto invece di più conti correnti; l’apertura di un simile non prevede inoltre nessuna spesa aggiuntiva, né la necessità di rapporti di parentela tra i cointestatari, per cui, per esempio, anche due soci possono avere un conto corrente bancario cointestato.
I vantaggi di una tale fattispecie, pertanto, sono notevoli, specie se il conto corrente è a firma disgiunta.
A tal proposito, occorre, invero, distinguere l’ipotesi in cui il conto cointestato sia a firma congiunta dall’ipotesi inversa, in cui, invece, a ciascuno dei cointestatari spetti la firma disgiunta.
Nel primo caso, le operazioni relative al conto corrente potranno essere svolte da ciascuno dei cointestatari soltanto col consenso dell’altro; nella seconda ipotesi, invece, ciascun cointestatario potrà autonomamente svolgere le operazioni di pagamento e riscossione relative al contratto di conto corrente. Inoltre, con questa particolare tipologia di conto, uno dei cointestatari può decidere anche di chiudere il conto corrente e ritirarne le somme senza obbligo di avvisare gli atri intestatari.
E’ evidente, allora, come, soprattutto in ipotesi di firma disgiunta, la cointestazione del conto si presenti particolarmente vantaggiosa per le parti.
Il decesso di uno dei cointestatari del conto corrente
Il momento maggiormente critico della cointestazione di un conto corrente è senza dubbio rappresentato dalla morte di uno dei cointestatari e dal consequenziale subingresso dei suoi eredi nel rapporto bancario.
L’art. 1833, 2 co c.c. assimila l’ipotesi della morte di uno dei cointestatari a quella dell’interdizione, della inabilitazione o dell’insolvenza di uno di essi. In tutti questi casi, a ciascuna parte e agli eredi spetta il diritto di recedere dal contratto.
Qualora non sia esercitato il diritto di recesso, si presume che ciascun cointestatario sia proprietario della sua quota percentuale corrispondente – a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di conto bancario intestato ai coniugi, gli eredi del cointestatario defunto rinverranno nel suo asse ereditario un credito di ammontare pari al 50% della somma presente sul conto.
Una volta identificati gli eredi, la loro legittimazione a disporre delle somme depositate nel conto corrente del de cuius si atteggia diversamente secondo l’intestazione del conto e, in particolare, a seconda che il conto sia a firma congiunta o disgiunta.
In particolare, se il conto era intestato soltanto al deceduto, gli eredi – una volta accettata espressamente o tacitamente l’eredità – potranno disporne liberamente.
Se vi sono più eredi – tutti contitolari del conto – ciascuno potrebbe prelevare la propria quota indipendentemente dal consenso degli altri, anche se il principio si scontra nei fatti con la prassi degli istituti bancari che, nel tentativo di evitare qualunque responsabilità, sono per lo più orientati a sbloccare il conto soltanto in presenza e con l’accordo di tutti gli eredi.
In effetti, sia che il conto sia a firma congiunta sia che sia a forma disgiunta, spesso gli eredi, nonostante vantino all’apertura della successione il diritto di conoscere la consistenza patrimoniale del proprio defunto, incontrano non poche difficoltà nei rapporti con la banca, dovendo quest’ultima accertarsi della loro qualità di eredi e della loro capacità a succedere mediante l’esibizione di un atto notorio e di un certificato di morte del cointestatario defunto e/o dei documenti che il caso concreto suggerisce.
Conto con firma congiunta
In presenza di un contratto cointestato con firma congiunta, così come il de cuius non poteva disporre in vita delle somme depositate senza l’imprescindibile consenso dell’altro cointestatario, analogamente quest’ultimo perderà ogni potere di disposizione sulle giacenze del conto corrente. Quindi né il cointestatario superstite né gli eredi nuovi cointestatari potranno autonomamente disporre del danaro presente sul conto bancario.
In realtà la Cassazione ha più volte chiarito che, in tale ipotesi, ogni erede avrà diritto alla propria quota indipendentemente dal consenso o dalla contestuale presenza di altri soggetti (Cass. S.U., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657). Per l’orientamento citato infatti l’esistenza di una pluralità di eredi determinerebbe il sorgere di autonomi rapporti obbligatori con l’istituto di credito.
Tuttavia la prassi bancaria è, per motivi prudenziali, orientata in senso opposto, in quanto, in siffatte ipotesi, le banche procedono ad un temporaneo blocco del conto corrente, al fine di consentire la preventiva identificazione degli eredi del cointestatario defunto e soltanto all’esito di tali adempimenti questi ultimi potranno operare sul conto bancario.
Conto con firma disgiunta
In presenza, invece, di conto corrente bancario con firma disgiunta, il cointestatario superstite dovrebbe poter continuare ad effettuare tutte le operazioni con la medesima ampiezza di poteri che aveva prima del decesso dell’altro cointestatario. In tale ipotesi si verifica, infatti, quella che il codice civile definisce come successione nel contratto (art. 2558 c.c.): così come originariamente ciascun contitolare poteva disporre liberamente di tutte le somme del conto bancario, similmente il cointestatario superstite dovrebbe continuare a godere di tale potere anche sulla quota astrattamente riferibile al de cuius, salvo il diritto degli eredi, nuovi cointestatari, al rimborso delle quote di rispettiva competenza che il cointestatario avesse prelevato in eccesso. In ogni caso, il diritto deve essere esercitato congiuntamente dagli eredi, come chiarito dalla Cassazione (Cass., 15231/2002) non smentita neanche nelle pronunce dell’ABF (Abf, Collegio di Milano, decisione n. 1525/2014).
Del resto, anche in questo caso, generalmente, le banche o gli istituti di credito, temendo di essere trascinati in lunghe diatribe tra eredi e cointestatari viventi, usano bloccare temporaneamente il conto in attesa della identificazione certa degli eredi.
In ogni caso, se con le firme disgiunte, di norma, ognuno dei cointestatari superstiti e i loro eredi potranno gestire la porzione di capitale ottenuta trasportandola sul proprio conto personale, quando, invece, il conto corrente cointestato sia a firme congiunte, la banca effettuerà il congelamento del conto fino a quando non vengano determinati gli eredi legittimi.
La verità è che le banche spesso adottano prassi e usi difformi l’una dall’altra e questo, oltre a disorientare i correntisti, può provocare problemi di carattere pratico apparentemente difficili da risolvere. Sicché, spesso, si chiede sempre l’intervento di un avvocato.
Peraltro, non è nemmeno infrequente che dal temporaneo blocco del conto corrente si faccia conseguire quasi “automaticamente” la sua estinzione. Ma non si tratta di una soluzione corretta, e questo perché l’estinzione del conto non può mai essere automatica, ma solo conseguente alla volontà delle parti. Come ha precisato anche la giurisprudenza, alla morte di un cointestatario il rapporto continua in capo al cointestatario superstite e agli eredi del cointestatario defunto (congiuntamente fra di loro).
Pertanto, espletate le pratiche successorie, l’operatività del conto dovrebbe proseguire in assenza di una contraria volontà delle parti, salva la regolarizzazione dell’intestazione formale del conto medesimo, per cui, non essendo spesso le banche sensibili a tale problematica e risultando, finanche, sovente condannate persino dal loro stesso arbitro (Arbitro Bancario e Finanziario), occorrerà l’ausilio di un avvocato che assista correttamente il cointestatario del conto e che, eventualmente, faccia valere profili di responsabilità risarcitoria della banca nei confronti dei clienti cointestatari.
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Si allega Decisione n.. 874/2013 dell’Arbitro Bancario e Finanziario – Collegio di Napoli – illuminante sul punto: https://www.arbitrobancariofinanziario.it/decisioni/2014/02/Dec-20140213-874.PDF